martedì 30 settembre 2008

Bad movies we love - Il mago di Oz turco

Si avete letto bene! Negli anni 70 un simpatico manipolo di produttori turchi ha pensato bene di realizzare una versione locale dell'immortale capolavoro della MGM. In realtà si tratta di un remake velato: il titolo esatto in turco è "Ayşecik ve Sihirli Cüceler Rüyalar Ülkesinde" che nella nostra lingua suona pressappoco come "La piccola Ayşecik e i magici nanetti nella terra dei sogni". Il cambio di titolo fu dettato dalla necessità di evitare grane legali con la MGM, ma è ovvio quanto ogni singolo elemento del film sia lì solo per richiamare l'immortale capolavoro con Judy Garland. Certo, in questo remake qualche differenza rispetto all'originale c'è...

La trama a grandi line è questa: Aysecik, una leggiadra ragazzina di approssimativamente 12 anni (ovviamente nel film è interpretata da un’attrice che di anni ne dimostra almeno 35 ed è leggiadra più o meno come Wanna Marchi quando pubblicizzava i suoi scioglipancia), vive in una fattoria situata in una remota, brulla e semi-desertica regione turca. Dopo che un tornado si è abbattuto sulla sua casa, la nostra eroina si trova proiettata in un mondo fantastico (curiosamente anch’esso remoto, brullo e semi-desertico) abitato da fastidiosissimi nanetti.

I nostri piccoli amici in un batter d’occhio la incoronano loro nuova regina, dopodiché la cacciano dal loro ridente paesino: in fondo, la storia deve andare avanti in qualche modo! Così la Dorothy ottomana intraprende un lungo viaggio alla volta della mitica Città di Smeraldo seguendo un improbabile sentiero giallastro (per mancanza di fondi, al posto del mitico “yellow brick road” i produttori optano per una semplice stradina di terra battuta, più tendente al marron che al giallo).

Ora: per circa 45 minuti Aysecik attraversa un’indefinita boscaglia dove incontra nell’ordine:
  • un effeminatisimo uomo di paglia.
  • un laghetto pieno di alghe e altre schifezze che la nostra eroina ammira per un buon 5 minuti come se stesse contemplando la cosa più bella del mondo.
  • un imbranatissimo uomo di latta.
  • sempre lo stesso desolante laghetto ma, dato che il regista lo inquadra da un'altra angolazione, noi dovremmo fingere si tratti un lago totalmente diverso.
  • un attore con un pigiama marrone e un po’ di pelliccia intorno al collo che cerca goffamente di spacciarsi per leone codardo. Ovviamnte la nostra Dorothy ci casca in pieno e non c'è da stupirsi: una che scambia una fogna a cielo aperto per un lago è davvero disposta a credere a tutto!
  • di nuovo lo stesso putrido laghetto. L’entusiasmo della nostra eroina sembra essere notevolmente scemato: al terzo laghetto è normale mostrare segni di sfinimento.
Finalmente dopo quelle che ci sono sembrate 5 ore di film (in realtà sono a mala pena passati 50 minuti) vediamo la terribile strega dell’ovest (che sempre per problemi di copyright è stata ribattezzata Kötü Cadi, la Strega del Sud). Ci basta un colpo d’occhio per capire come mai Kötü non è apparsa prima nella pellicola: il trucco è talmente dilettantesco e la recitazione talmente sopra le righe che gli stessi produttori si devono essere vergognati di mostrarcela, tenendola giusto per le scene in cui non se ne poteva fare a meno.

Come da copione Dorothy alias Aysecik sconfigge la cattivona gettandole addosso dell’acqua così che lei, al contatto con il liquido, si sciolga all’istante. Incredibile a dirsi, ma la cosa accade sul serio! Per realizzare il trucco da strega i truccatori hanno evidentemente utilizzato semplicemente un po' di pongo attaccandolo al viso dell'attrice con della colla di infima qualità. E' perciò abbastanza normale che un tale papocchio si squagli in un nanosecondo ottenendo però un notevole effetto speciale.
Tutto è bene quel che finisce bene: Aysecik può tornare nella sua desolatissima fattoria dove lavorerà per il resto della propria vita ridotta in semi-schiavitù dagli amorevoli genitori, Oz è libero dalla cattivissima strega del Sud (e non è detto che, di lì a poco, il suo ruolo verrà sostituito da una più operosa strega del Nord, così da far felici i nanetti che alle ultime elezioni hanno votato Lega), il leone, l’uomo di latta e lo spaventapasseri festeggiano la partenza di Aysecik (probabilmente anche loro non ne potevano di questa ebete dallo stupore facile) e lo sconsolato spettatore può finalmente spegnere il proprio apparecchio televisivo felice di essere stato testimone di uno dei peggiori film della storia del cinema.

giovedì 25 settembre 2008

Da friends a friendly il passo non è poi così breve

Fonte: http://f-r-i-e-n-d-l-y.blogspot.com/
"è l’amico è…"
(Dario Baldan Bembo)

Non vi preoccupate: è appena passata l’estate, nessun discorso impegnativo. Abbiamo ancora la pelle che sa di sale, la voglia di relax e di pace: chi sono io per negarvi la soddisfazione degli ultimi giorni di caldo? Questo post non parla di "Amici" della De Filippi, e nemmeno della serie televisiva statunitense. Girovagando per il web, giusto pochi giorni fa, mi sono imbattuto in un blog divertente. Sfondo nero e scritta familiare sotto a fotografia simpatica: FRIENDLY. Si tratta di uno spazio gestito da Gianluca, Alessandro e Roberto, tre ragazzi di Milano, a cui è venuta un’idea originale e simpatica: mettere in scena FRIENDLY, "la parodia di FRIENDS" o meglio un "viaggio senza copione e senza cose premeditate, nel tentativo di essere noi stessi per capire come si può essere felici e saperci divertire nonostante tutti ci considerano feccia". E le cose sembrano essere partite bene: c’è l’intervista ai tre protagonisti, alterego di personaggi famosi, interpretati da ALE, uno stimato amministratore del settore informatico, egocentrico e divertente, da ROBY, agente immobiliare di giorno e ballerino di sera, coreografo del gruppo e da GIALU operatore telefonico dolce e sensibile, particolarmente specializzato nel rimorchio. È in rete la puntata pilota e il trailer. Ed è solo l’inizio, ci promettono i tre. Non perdeteli e… buona visione!

Parole: L’amico ritrovato di Fred Ulhman

Note: I’ll be there for you – the Rembrandts

martedì 23 settembre 2008

Lo stilista Valanten

Anni prima di vestire i panni del personaggio di Jean-Claude nella geniale "fiction interattiva" Sensualità a corte Marcello Cesana già si dilettava a ironizzare e scherzare sul mondo gay in un personalissimo e inimitabile stile camp.
Nel video che vi proponiamo, realizzato per la sfortunata trasmissione Tv Hollywod Party andata in onda nel 2000, veste i panni di Valanten stilista delle dive e grande innovatore della moda.
Come sempre il grande Cesena oltre che a essere interprete del programma ne era anche autore e regista.

venerdì 19 settembre 2008

Stammi più vicino, ma non così vicino: appiccichi!


Spesso la pubblicità, nei suoi meccanismi, funziona attraverso lo scandalo!
Ci sentiamo urtati e non rassicurati, spaventati e non accolti. Sono quelle le trovate che più di frequente ci attraggono o ci fanno riflettere.
Questa volta vorrei proporre una pubblicità che, forse suo malgrado, gioca sulla serenità e sulla normalità, non votandosi allo scandalo. È successo nei pressi della Serenissima, dove nell’homepage di una stamperia è apparsa questa immagine.

Un lenzuolo candido, due visi maschili sfumati sullo sfondo, due piedi appena visibili in primo piano, commenta lo slogan: ecco l’unico rapporto cliente-fornitore che nemmeno i prezzi e la qualità riusciranno a sciogliere.

Non so se questo spot mi piace né tantomeno se è adatto, ma sono tanto stupito dalla normalità, dolce e senza polemiche, che ve la consegno. A voi ogni commento.

Fonte: http://www.river-blog.com/

Parole: Elogio della normalità – Yehoshua Abraham

Note: Sticky and sweet tour, Madonna

mercoledì 17 settembre 2008

La moda Gothic Lolita e i suoi modelli


Gothic Lolita - The Fashion Of Gothic Lolita
Caricato da Atsuro-Takashima


Pare che in Giappone non sia motivo di particolare scalpore che ragazzi dai tratti particolarmente aggraziati si prestino come modelli per abiti femminili. Lo apprendiamo grazie alla trasmissione televisiva giapponese che vi riproponiamo in questo post.

Il primo dei ragazzi che ci viene presentato è Mana, chitarrista dei Malice Mizer, nonché uno dei più importanti fashion designer di moda Gothic Lolita, uno stile giapponese che da qualche tempo sta prendendo piede anche in occidente e in Cina. Mana disegna abiti da donna e li indossa nei suoi video e durante i suoi concerti.
Il secondo dei ragazzi è Rikku, che al tempo della trasmissione appariva già da circa un anno e mezzo sulle riviste di moda Gothic Lolita.

La trasmissione ha portato questa moda e questi ragazzi al giudizio di tre donne giapponesi, appartenenti a una generazione precedente. Malgrado l’eccentricità dello stile e l'insolita situazione, le signorine non paiono particolarmente sconvolte: si fanno qualche risata, ma nessuna si sofferma sul fatto che siano ragazzi a vestire abiti femminili, concentrandosi invece sull’argomento principale. Una di loro commenta anche : “è grazioso!".
Conclusione? D&G, preparatevi a cambiare agenzie di modelli e gusti: ai Giapponesi piace il bello, en travesti o meno!

lunedì 15 settembre 2008

MOBILITAZIONE CONTRO L'ASSESSORE OMOFOBO

Gentili amici,
chiediamo un attimo della vostra attenzione per leggere questo messaggio e, se possibile, diffonderlo ed agire.

A seguito delle affermazioni esternate in diretta dall'Assessore all'Ambiente di Albizzate (VA) Giancarlo Valmori ai microfoni di Rai2 nel corso del programma "Insieme sul due", il MILK invita tutti gli amici, i simpatizzanti, gli iscritti e coloro che lo reputassero opportuno ad esprimere formale protesta al Comune stesso, preferibilmente via fax (allo 0331 985355, o, qualora la ricezione non avvenisse, allo 0331 995643, o ancora allo 0331 985778) o via mail (in questo caso inviando il testo a tutti i seguenti indirizzi (sindaco@comune.albizzate.va.it , servizisociali@comune.albizzate.va.it , affarigenerali@comune.albizzate.va.it), copiandolo anche nell'apposito modulo al link http://www.albizzate.com/contatta.htm affinché arrivi per certo a destinazione.

Durante la trasmissione, l'esponente politico locale ha commentato il recente episodio di omofobia avvenuto a Roma a danno di una coppia omosessuale (presa d'assalto mentre camminava nei pressi del Colosseo) parlando con una discreta nostalgia di cantine e soffitte nelle quali una volta i gay stavano nascosti, biasimando il fatto che adesso sia consentito loro di baciarsi in pubblico e sostenendo che: «la tolleranza ci può anche essere, ma se vengono messi dove sono sempre stati: ...anche nelle foibe».

Alle contestazioni di Alessandro Cecchi Paone, Valmori ha testualmente dichiarato: «apprezzo l'opera di Paone quando fa il presentatore, non quando fa il finocchio o il pederasta».

Dato che l'omofobia non si combatte con le pacche sulle spalle, ma agendo a livello educativo, proponiamo appunto di educare debitamente queste persone, scrivendo loro il nostro sdegno e costringendoli a smistare il maggior numero di fax e mail con lettere che esplicitino la loro ignoranza.
Speriamo in questo modo di far comprendere a Valmori e a chi lo sostiene quanto in Italia (almeno per il momento) i cittadini civili siano in numero molto maggiore rispetto a quanto evidentemente immaginato da loro.

Lamentiamo il fatto che non sia minimamente tollerabile che venga impunemente concesso a figure con compiti istituzionali di qualunque livello di compiere esternazioni di questo tipo in pubblico senza alcuna conseguenza per la propria carriera politica: in altri paesi europei, affermazioni omofobe meno pesanti hanno avuto reazioni a livello partitico e di opinione pubblica di grandissimo impatto, costringendo spesso alle dimissioni dei loro autori.

Quanto chiediamo non vi costerà più di cinque minuti (e a calce di questo post potete trovare una ipotetica bozza del messaggio, da modificare come volete o copiare e incollare).

Il MILK esprime massima solidarietà ad Alessandro Cecchi Paone, pretendendo scuse ufficiali e formali da parte dell'assessore, che ci auguriamo concordi quanto prima con il collega responsabile della Pubblica istruzione una serie di incontri scolastici contro l'omofobia ed il bullismo, per i quali (non riuscissero a trovare altri indirizzi) ci rendiamo sin d'ora disponibili.

Grazie mille,

Stefano Aresi, portavoce del MILK Milano


_________


BOZZA DI MESSAGGIO

Alla cortese attenzione del Sindaco di Albizzate (VA)
Giovanni Piotti
Per con. all'assessore ai servizi sociali Mario Frangi
e all'assessore all'ambiente Giancarlo Pasquale Valmori

Gentile Sindaco,

esprimo il mio totale disappunto a seguito delle vergognose
affermazioni omofobe dell'assessore Valmori, attendendo di
sapere da voi se quella espressa da detto assessore sia la
posizione ufficiale della vostra giunta comunale in merito
ai cittadini omosessuali.

Chiedo inoltre scuse formali dell'assessore per le
gravissime frasi pronunciate, nella speranza che possiate
quanto prima organizzare in accordo con le associazioni
gaylesbiche operanti sul vostro territorio o nelle vicinanze
attività divulgative e di confronto che riparino al danno
culturale e sociale compiuto da detto Assessore.

Nella certezza che la cittadinanza albizzatese saprà
esprimere il proprio disappunto per essere stata così mal
rappresentata,
porgo cordiali saluti

NOME COGNOME

Il più (scientificamente) bello del reame

Leggo su repubblica e corriere:

Spalle larghe, alto, fianchi stretti: il mix che rende più attraente un fisico maschile è sempre lo stesso, ma ora a indicare questo mix è un modello matematico. Elaborato nell'ambito di uno studio condotto dall'università britannica di Brunel e pubblicato nell'edizione online della rivista della Pnas, l'Accademia delle scienze degli Stati Uniti. Si tratta del primo studio mai condotto sulla base di immagini di corpi umani, maschili e femminili, ottenuti utilizzando una particolare tecnica di scansione tridimensionale. La ricerca ha permesso agli esperti di stabilire una relazione tra l'essere attraente e la simmetria, una caratteristica questa percepita in modo positivo da moltissime altre specie animali in quanto associata alla buona salute e, di conseguenza, all'essere un partner vantaggioso ai fini della riproduzione.

In pratica un team di brillanti scienziati hanno deciso di dimostrare scientificamente che Brad Pitt e David Beckham sono più attraenti di Bombolo o dell’onorevole Schifani.

Si, lo so, è un compito arduo, al limite dell’impossibile, ma i nostri eroi con maschia determinazione e innegabile senso del dovere hanno deciso di accettare la sfida per il bene e il progresso di tutta l’umanità.

Così dopo innumerevoli notti insonni a studiare migliaia e migliaia di foto di modelli e attori finalmente siamo in possesso di metodo scientifico per dare una risposta a una delle domande che più ha assillato l’umanità fin dalla notte dei tempi: sarà più bono Gabriel Garko o Will Smith?
Se la notizia già di per se mi lascia se non altro dubbioso, trovo che si addirittura comico l’approccio che queste grandi menti hanno utilizzato per formulare le loro bizzarre teorie. Dal Corriere leggo che:

Quindi i ricercatori hanno chiesto a 87 persone, uomini e donne, di guardare le immagini dei corpi al computer, indicando quelli più attraenti. Le immagini preferite dagli uomini erano anche quelle che, per le loro misure, erano le più lontane dall'indice di mascolinità. Le donne dal fisico meno simmetrico avevano valori più lontani da quelli della mascolinità.

Forse 87 persone è campione statistico un po' esiguo per una ricerca di questo tipo, ma è ben altro ciò che non mi convince.
Da quanto riportato mi è sembrato di capire che le donne meno erano simmetriche più venivano considerate femminili.
Che è un po’ come dire che i nudi femminili rappresentate nei quadri cubisti di Picasso sono molto più attraenti delle conigliette di playboy con le loro regolarissime curve e banalissimi visi regolari.
Effettivamente da oggi il termine "cubista" ha, per me, un significato tutto nuovo!
Finalmente ho capito che Guernica non è un dipinto che denuncia gli orrori della guerra, ma un'immagine osè degna dei migliori calendari Pirelli.

Maschi eterosessuali di tutto il mondo siete avvertiti: da oggi basta chiudervi in bagno con l’ultimo numero di Penthhouse, basta affittare film osceni. Se volete titillarvi scientificamente abbonatevi subito a "Cubismo senza veli" o affittate "Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta astratta".
Già vedo nelle officine di tutti i meccanici italiani sparire i vetusti calendari di Sabrina Ferilli o della Carfagna per far spazio alle donne di De Chirico o Kandinsky. Per farla breve: abbasso (Valeria) Marini e viva (Marino) Marini.

Chiudiamo questo post con l’augurio che con tale scoperta nel proprio curriculum il Dottor Brown si possa presto aggiudicare se non proprio il premio Nobel almeno un Telegatto (che con i tempi che corrono in Italia è sicuramente più apprezzato e quotato).

venerdì 12 settembre 2008

A Normal Heart


Larry Kramer. foto di David Shankbone
Nel 1985 Larry Kramer, talentuoso commediografo e membro fondatore di ACT UP una delle prima associazioni gay che si sono occupate attivamente della prevenzione all'AIDS, scrisse A Normal Hear, una delle primissime commedia a trattare apertamente di AIDS e di come questo virus abbia radicalmente cambiato la vita di milioni di gay e lesbiche.

Malgrado A Normal Heart si stato rappresentato più volte in tutto il mondo in Italia non è mai stato messo in scena da nessuna compagnia teatrale.

Vi proponiamo qui di seguito una delle scene più toccanti della commedia: un magnifico monologo in cui Bruce, uno dei protagonisti, annuncia a Ned, suo caro amico e come lui militante di ACT UP, la recente morte del proprio compagno.

La commedia è ambientata nei primi anni 80, anni in cui di AIDS si poteva morire nel giro in pochi mesi, anni in cui non cerano tutti i medicinali e le cure che i siero-positivi di oggi hanno a disposizione. Oggi, per fortuna, le cure mediche assicurano una speranza e qualità di vita maggiore.

Da “A Norml Heart” di Larry Kramer.

BRUCE
Albert è morto [...] E' morto da una settimana [...] Nessuno sapeva che gli mancasse così poco. Non lo ha detto a nessuno. Sai perché? Per me. Perché sapeva che ero così spaventato. E' colpa mia. Fanno tre persone con cui sono stato e che sono morte. Sono andato dal dottore, l'ho scongiurato: fammi il test adesso, per favore dimmi se sono io che gli l'ho attaccato. Ha detto che non poteva, non c'è modo di saperlo perché non sanno ancora cosa cercare. Albert, l'ho amato più di tutti, e se ne è andato così in fretta. Sua madre voleva che tornasse da lei a Phoenix, prima di morire, me lo ho chiesto la settimana scorsa quando ormai era chiaro, il dottore mi ha dato il permesso, lo abbiamo imbarcato su un aereo con l'ambulanza. Il pilota si è rifiutato di decollare, io ho puntato i piedi, saresti stato fiero di me, fin che non è arrivato un altro pilota. Poi, dopo il decollo, Albert ha perso la testa, non mi riconosceva più, non sapeva più dov'era o dove stessimo andando, e poi, li sull'aereo è diventato.... incontinente. Si è fatto tutto nei pantaloni e sulla poltrona, tutto, pipì, merda, di tutto. Ho afferrato la nostra valigia, ho cercato di pulire con la prima cosa che ho trovato, con i nostri vestiti... la gente ci guardava, disgustata. Gli ho stretto la mano, gli ho detto, "Albert, ti prego, basta, cerca di trattenerti. Ti prego, fallo per noi. per Bruce e Albert." Siamo arrivati a Phoenix, c'era una camioncino della polizia ad aspettarci e tutti i poliziotti avevano delle tute di protezione, tutti coperti di gomma, sembravano degli astronauti del cazzo. Quando siamo arrivati all'ospedale dove sua madre aveva fatto preparare una stanza, Albert era morto.

(NED si avvicina)

Aspetta. Ora viene il bello! I dottori dell'ospedale si sono rifiutati di visitarlo, non hanno voluto rilasciare il certificato di morte, e senza il certificato i becchini non possono portarlo via, e anche la polizia si è rifiutato di toccarlo. Alla fine un inserviente lo ha preso, lo ha messo in un grosso sacco della spazzatura e chi ha segno di seguirlo. Lo ha portato sul retro, dove sta la spazzatura. Mi ha detto "Hey, amico. Ti ho fatto un favore, no? Te l'ho portato fuori, ora sgancia 50 dollari". L'ho pagato e poi io e sua madre lo abbiamo caricato in macchina, siamo andati da un agenzia di pompe funebri "abusiva"... lo ha cremato per 1.000 dollari, senza farci domande, senza chiederci niente..
(NED abbraccia BRUCE)
Ti spiace se passo la notte sul tuo divano? Solo una notte, non me la sento di andare a casa stanotte.

Traduzione a cura di Alessandro Martini.
Il testo da intendersi a scopo di critica e studio, a norma dell’articolo 70 legge 22 aprile 1941 numero 633 e successive modifiche. Tutti i diritti appartengono ai relativi proprietari.

mercoledì 10 settembre 2008

Io leggo: Sprayliz


Torno a parlare di Luca Enoch. Un po’ perché, a mio parere, è uno dei migliori autori di fumetti italiani e un po’ perché, dopo Gea, è doveroso parlare anche di Sprayliz.
Precedente a Gea, questa storia fa la sua apparizione nel 1992 sulle pagine della storica rivista L’Intrepido.
La trama, le tematiche e lo stile di disegno di Sprayliz segnarono una piccola rivoluzione nel panorama del fumetto nostrano.
Prima di tutto Enoch fu probabilmente uno dei primi ad affrontare argomenti fondamentali ed estremamente moderni, ad esempio quello dell’AIDS o dei centri sociali.
Sicuramente, il primo a portarli all’attenzione del grande pubblico, visto il successo che Sprayliz raggiunse e in buona parte continua ad avere.
Un fumetto, dunque, con uno sguardo attento e ampio nei confronti del mondo contemporaneo.
Ma c’è anche una storia. E di quelle appassionanti e divertenti insieme.
Sprayliz è in effetti il nome con cui la protagonista Elisabeth firma i suoi murales. Questa ragazza americana (ma ovviamente il contesto della grande città statunitense accentua ed esalta il parallelo con qualsiasi città italiana) vive, cresce e fa esperienze decisamente diverse tra loro.
In questo caso, non ci sono superpoteri o trame sovrannaturali a sostenere la trama. C’è solo questa giovane ragazza attenta al mondo che le sta intorno (che poi è il mondo che sta anche intorno al lettore) e che decide di denunciare il moralismo delle istituzioni, la violenza della polizia, l’importanza del sesso sicuro e così via attraverso i murales. La realtà dei writers è un’altra delle novità che Sprayliz tratta.
La storia insomma sta tutta nell’evoluzione di Elisabeth e dei comprimari. È uno spaccato di vita di una giovane ragazza che rivela lati sorprendenti nella sua capacità di essere tanto “vera” quanto “modello”.
La denuncia al moralismo di certe istituzioni, dicevamo, è tanto di Sprayliz quanto dell’autore, che tratta in modo decisamente privo di pregiudizi quel contesto sociale che decide di portare su carta.
E questo, secondo me, è il primo motivo per cui il fumetto è valido.
L’altro grande motivo è la sessualità di Sprayliz. Elisabeth è infatti bisessuale e decisamente “incerta”. La sua è una sessualità in evoluzione, perennemente in bilico tra le attenzioni particolari della sua amica Kate, forse una delle prime lesbiche dichiarate del fumetto italiano, e la relazione col poliziotto Abe (o, successivamente, altri comprimari maschili).
Sprayliz non sceglierà (perché non di scelta si tratta) nessuna delle due “sponde” e in fondo questo è un aspetto minore.
Molto più importanti la libertà di sperimentazione e il modo disinibito e sincero con cui Elisabeth e gli altri vivono la propria sessualità.
È in questo senso che Sprayliz è un modello. Il suo messaggio è quello che non bisogna aver paura di provare certi sentimenti, né paura di essere confusi. Ma anche che, per onestà e coerenza verso sé stessi, questo non significa trasformarsi in una persona che svaluta o non dà “il giusto peso” alla sessualità.
Elisabeth non è insomma ingabbiata in nessuno di questi due, opposti, moralismi (in NESSUN moralismo, per essere precisi).
E questo, secondo me, è ciò che la rende un personaggio unico.

lunedì 8 settembre 2008

I luoghi di Harvey Milk

Il nostro più giovane tesserato, Giacomo detto Giacomino, sta godendosi gli ultimi giorni di college a San Francisco, e, per farci crepare ancor più di invidia, ha pensato bene di mandarci alcune fotografie che ritraggono alcuni dei luoghi legati alla storia di Harvey Milk e del movimento, con lui che ci si sgigiona felicemente nel mezzo (mortacci sua).

Dato che non tutti noi possiamo andare or ora nella città americana a far devoto pellegrinaggio (o anche solo a sciogliere il fanciullo nell'acido qual giusta vendetta per l'invidia che ci sta provocando) pubblichiamo questo piccolo reportage fotografico da lui realizzato in un pomeriggio in cui, accompagnato da due amici (una donna biologica parrucchiera dentro e non abbiam capito bene chi altro), è sfuggito dalle mura collegiali e, grazie ad un fulmineo viaggio in taxi, è riuscito a recarsi nel cuore gayo della più gaya città degli USA e in altri luoghi legati alla memoria di Milk.



Questo è il MOSCONE CENTER (Moscone era il sindaco della città, ucciso da White insieme a Milk... per maggiori info, leggete la nostra pagina http://www.milkmilano.com/circolo_di_cultura_omosessuale_milk_milano/perche_harvey_milk.php). Come vedete, la città americana, oltre ad aver dedicato una piazza, scuole elementari e centri giovanili e culturali a questo eroe del movimento gay, ha pensato bene di tempestare a spese pubbliche un luogo a lui legato con enormi (e direi visibilissime) bandierone con i nostri colori per renderlo ancor più significativo e riconoscibile, proprio come avviene in Italia...


Credo che questa foto non necessiti commenti... E piantatela di cantarvi in testa quel motivetto...!


Castro street, il cuore gayo della città, dove Milk gestiva con il compagno un negozio di materiale fotografico.


Ancora Castro Street...



Il nostro eroe (sfatto dalla sue notti brave e praticamente irriconoscibile) davanti ai giardini della Harvey Milk Plaza. Dietro di lui le bacheche che spiegano ai passanti chi fosse Harvey Milk.



Sostenitori alla candidatura di Harvey Milk a supervisor (foto dalle bacheche di Harvey Milk Plaza).




Harvey Milk pischello ai tempi dell'esercito (da cui si congedò con onore) e nel suo periodo "flower power" all'inizio della sua attività movimentista (foto dalle bacheche di Harvey Milk Plaza).

venerdì 5 settembre 2008

Sta arrivando...

Sta arrivando…
His life changed history, his courage changed lives
La sua vita ha cambiato la storia, il suo coraggio ha cambiato vite



Diretto da Gus Van Sant, scritto da Dustin Lance Black, con la partecipazione di Sean Penn, Emile Hirsch, Josh Brolin, Diego Luna e James Franco esce oggi il trailer di un film che non ci è indifferente. Sono infatti queste le prime immagini di MILK: la biografia cinematografia dedicata ad Harvey Milk, primo consigliere comunale apertamente gay in San Francisco, a cui la nostra associazione è intitolata.
L’uscita negli Stati Uniti è prevista per il 5 dicembre 2008 mentre per quella italiana… vi riserviamo una grande sorpresa!

Let's Kiss a Girl..


Quasi quasi rimpiango quei gruppi e quegli autori anni ’60, così hippie, stile “mettiamo dei fiori nei cannoni e fumiamoceli”, fautori di canzoni che parlavano di amori, di guerra, di sottomarini gialli, di campi di fragole e di risposte che soffiano nel vento.
Una volta si diceva “make love not war”; ora, invece, una Rihanna scosciatissima può incensarci le orecchie con un bel “stai zitto e guida” mentre lei si dedica a chissà quali performance sul sedile adiacente.
Non stupiamoci, quindi, che una delle canzoni più passate alla radio in quest’Estate sia stata “I kissed a girl” di Kate Perry, pensata appositamente per solleticare le fantasie del maschio eterosessuale, il quale, sin dai tempi più antichi, sembra trascinarsi durante il corso di tutta la sua esistenza questa fantasia della donna che “fa la spola tra una sponda e l’altra”. Ne san qualcosa le nostre amiche lesbiche, sempre tampinate dal maniaco di turno...: ormai esistono anche le magliette con scritto "SI', stiamo insieme... e NO, non puoi guardare"
Ecco comunque le probabili caratteristiche dell'autore del testo della canzone della Perry: maschio, eterosessuale, abbondantemente in sovrappeso e privo di capelli, vestito di un paio di calzini bianchi e di una canotta sporca di sugo di pomodoro, incastrato nella poltrona del salotto mentre, con una birra nella mano libera, guarda qualche film porno in cui studentesse svampite e giulive per sbaglio scoprono le gioie dello scambiarsi reciprocamente i doni di Venere, dea dell’amore. Tutto il videoclip è confezionato ad arte per solleticare le fantasie e gli ormoni di guardoni adolescenti e non: Kate fa la sua comparsa circondata da teneri e zuccherosi pupazzi mentre canta, con tutta la malizia che possiede, “I kissed a girl and I liked it/The taste of her cherry chap stick/I kissed a girl just to try it/I hope my boyfriend don't mind it”. Cosa ti posso dire Kate? Figurati se al tuo boyfriend dispiace! In realtà, l’unica cosa che lui ti dirà sarà: “Amore, la prossima volta chiamami che vengo anche io”.
Ovviamente, Kate ha anche bisogno di giustificarsi (non sia mai che le dian della lesbica) e ricorre quindi alla scusa più antica del Mondo: ”I got so brave, drink in hand/Lost my discretion“, ovvero “mi sono lasciata offuscare la mente dai fumi dell’alcool”, un'altra cosa che al suo ragazzo farà molto piacere: la prossima volta, infatti, invece di corteggiarla con un mazzo di rose rosse, le farà bere una damigiana di grappa fatta in casa, perché questa è la chiave che gli spalancherà le porte del paradiso.
Un ultimo punto: la Perry sente la necessità di mettersi al sicuro dall’altra girl, perché c’è il rischio reale che magari quella voglia fare sul serio... e quindi ecco che la prova di un'infinità sensibilità: la ragazza viene liquidata con un secco ”No, I don't even know your name/It doesn't matter/You're my experimental game/Just human nature”.
Bene, ho deciso: d’ora in poi dichiarerò il mio amore citando una canzone di Luigi Tenco (Mi sono innamorato di te, perché..non avevo niente da fare) mentre, quando vorrò lasciare il mio Lui, mi ricorderò dell’abilità retorica di Kate Perry.

mercoledì 3 settembre 2008

VECCHIE REGINE E REGINETTE

Su Elizabeth Angela Marguerite Bowes-Lyon, meglio nota come la Regina Madre d'Inghilterra, se ne son dette e se ne son sentite parecchie, lo so. Molte le leggende, molti gli aneddoti, e ovviamente moltissimo gossip, il che non guasta mai.

Si sa che nacque quando sul vasto Impero Britannico regnava ancora la regina Vittoria, in tutta la Sua corpulenta Maestà. Ed è risaputo di come, invaghitasi non ricambiata dell'allora erede al trono Edoardo, dovette accontentarsi di impalmarne il timido, malaticcio e meno fascinoso fratello minore Alberto (futuro Giorgio VI). Il bell'Edoardo di cui sopra, però, a soli sei mesi dall'ascesa al trono, abdicò in favore del fratello pur di non rinunciare alla sua amata Wallis Simpson.

Certo, già questo piccolo intreccio al sapor di Beautiful basterebbe a rendere Elizabeth diversa da altre regine della storia, ma, naturalmente, se fosse tutto qui, la nostra eroina non sarebbe diventata quella popolarissima e insolita icona gay che è stata ed è tuttora per i nostri fratelli d'oltremanica.

Non bisogna dimenticare, anzitutto, che durante la seconda Guerra Mondiale, in un'Europa drammaticamente impotente di fronte a un Male che pareva invincibile, lei diede uno straordinario esempio di coraggio: in compagnia del marito - che in quegli anni mostrò finalmente (ma, ahimè solo temporaneamente) - i regali attributi, la signora visitò a più riprese i quartieri di Londra distrutti dai bombardamenti, infondendo, con le sue parole, speranza nei sudditi. Hitler stesso, narra la leggenda, la definì “la donna più temibile d'Europa”. E scusate se è poco.

Certo, chi è nato nella seconda metà del secolo scorso l'ha conosciuta in altre vesti: allegra bevitrice, cinofila come ogni buona vecchietta inglese deve essere, patrocinatrice di migliaia di associazioni benefiche sparse per il Regno, simpatizzante per Diana (dicono che il matrimonio di C&C non avrebbe potuto aver luogo con Elizabeth vivente), spendacciona, sempre sorridente, e quasi vezzosa sotto i bizzarri cappellini indossati ad ogni pubblica apparizione. L'ingresso della Queen Mom nel Gotha delle icone gay è dovuto, oltre che al suo fascino rétro, al sense of humour con cui ha saputo farsi beffe dei perbenismi e dei pregiudizi della upper class britannica.

Ad un ministro conservatore che le suggeriva, per ragioni di decoro, di licenziare il personale omosessuale di palazzo, lei ribatteva pronta: “Ci toccherebbe servirci da soli!”.

Pare che un giorno, poiché i camerieri tardavano a servirle il gin tonic, Sua Maestà li abbia apostrofati bonariamente: “When one of you young queens has finished, can you bring this old queen a drink?” (“Quando una di voi reginette avrà finito, potrebbe portare qualcosa da bere a questa vecchia regina?”).

Che la pragmatica ironia della “donna più temibile d'Europa”, amante dei cagnolini e degli alcolici, abbia infondo reso per un po' l'austero Buckingham Palace gay friendly quasi quanto una discoteca di Mykonos? A noi piace pensarlo...

lunedì 1 settembre 2008

La Bis-Lesbica (non) domata

D’estate i cervelli vanno in vacanza, ci salutano e ci dicono: “Guarda, aver tentato di sopportarti per nove mesi è stato un parto senza frutti, ora vado via per un po’... ma non preoccuparti, torno a reggerti e a governarti come l’angelo custode da settembre”.
Questo abbandono ci autorizza a fare, commettere, dire, pensare e immaginare le più colossali boiate in qualsiasi campo dell’esistenza, inaugurando un periodo di idiozia a trecentosessanta gradi che ci accompagna fino al rientro dalle vacanze (anche se qualcuno non vedrà mai la fine del tunnel).
Forse proprio per questo motivo, o forse a causa della mancanza di attività che potessero tenere le bocche chiuse e le mani impegnate, gli abitanti dell’isola di Lesbo hanno deciso di trascinare tutta la comunità lesbica mondiale in tribunale, per decidere a chi spetti il monopolio dell’aggettivo che definisce l’identità nazionale degli uni e l’identità sessuale delle altre.
Naturalmente la causa è stata persa, “lesbico” è ancora un aggettivo double-face, adatto sia all’isolano che trita le olive e mangia lo tzatziki, sia alla donna che ama un’altra donna (che sia una fatina da passerella o passi il tempo a riparare da sola il motore della sua harley-davidson).
Se i giudici si fossero espressi in maniera diversa, chissà quali sarebbero state le conseguenze: probabilmente avremmo visto la nascita di nuove parole sostitutive dell’ambiguo “lesbico”, oggetto della contesa. Andando avanti nei gradi di giudizio, un magistrato avrebbe potuto pensare: “se tutti gli uomini eterosessuali amano le donne, forse van definiti lesbici, e quindi un abitante dell’isola di Lesbo è Bis-lesbico, mentre per quanto riguarda le donne, se eterosessuali, saranno semplicemente Mono-lesbiche”.
Un altro avrebbe potuto imporre l’uso di sinonimi o neologismi per indicare le donne omosessuali: in Italia, visto che con patate piselli e finocchi, oltre a fare il pinzimonio, siamo riusciti anche ad indicare parti del corpo e uomini omosessuali, forse avremmo optato per qualcosa tipo “carciofa”(“Mio fratello è finocchio, mia sorella è carciofa, io in famiglia sono l’unica sana”) o “carota” (“temo che Carla sia un po’ carota: ieri mi ha infilato le mani nei pantaloni mentre mi chiedeva la cilindrata della mia macchina”).

Ma per ora il problema non si pone dato che è stato stabilito che l’utilizzo di “lesbico” non può essere ritenuto come soggetto al copyright dei cittadini dell'antica isola.
Io farei notare agli abitanti di Lesbo che in un Mondo in cui esiste una cittadina che risponde al nome di Cockup (e "cock" in inglese indica ciò che ogni uomo possiede tra le due gambe e che generalmente è down, salvo diventare up in determinate occasioni) e i cui abitanti si chiamano Cockuppers (sollevatori di "cock"), bisogna accontentarsi del nome imposto dal luogo dove nasci, perché tanto sicuramente c’è qualcuno che sta peggio di te...